
Buon pomeriggio a tutti. Ci troviamo al confine Romania-Ucraina, nella cittadina di Sighetu Marmatiei, ospitati dalle suore del convento Maicii Domnului.
Siamo qui come volontari, per fornire supporto logistico, beni di prima necessità e trasporto, avendo con noi un furgoncino attrezzato anche per portare sedie a rotelle.
Si apre così il canale Telegram “Notizie dal confine”, l’11 Marzo 2022 alle ore 15:30.
Federico Montalesi ha 24 anni e insieme ad altri due amici conosciuti durante l’anno di permanenza a Rondine Cittadella della Pace, decide in appena 4 giorni di noleggiare un furgone e partire.
Affiancati dalla Caritas Trento che ha garantito loro un piccolo contributo economico e un luogo sicuro in cui dormire a Sighetu, sede della Caritas Romania, sono partiti alle 8.00 del mattino e arrivati alle 2:00 di notte.
Federico ha conseguito la laurea in Management e da tempo si occupa anche di progetti in ambito sociale. “Credo che ognuno di noi abbia deciso di partire per motivi diversi, ma se dovessi cercare un comune denominatore direi che si tratta dell’impotenza e dello spaesamento che la guerra stava generando. Le notizie che arrivavano non ci aiutavano a comprendere, quanto piuttosto giocavano con la nostra emotività. Partire per la Romania e avvicinarsi al conflitto può sembrare una soluzione un po’ radicale, ma è stata senza dubbio la più efficace e anche quella più vicina al nostro sentire”.
Che tre ragazzi poco più che ventenni abbiano sentito il desiderio di interrompere il corso della loro vita e mettere tempo e risorse a disposizione degli altri, percorrendo 1.400 km, non è un fatto straordinario. È un fatto possibile. Questo prima di tutto hanno voluto raccontare Federico, Benedetto e Davide in quel gruppo Telegram, diventato anche un diario permanente della loro esperienza, intorno a cui hanno raccolto circa un centinaio di persone raggiunte attraverso il passa parola dei social, degli amici e delle famiglie.
Il primo pensiero appena messo in moto il furgone: paura mista ad eccitazione e molta determinazione.
Il primo pensiero appena arrivati a Sighetu: concentrarsi e comprendere come cooperare insieme alla collettività.
Le notti sono state sempre movimentate, la sveglia suonava sempre intorno alle 4:30 per poter accompagnare i volontari della Dogana alla loro postazione. Ma la sensazione avvertita appena varcata la soglia del convento è stata di grande pace e tranquillità. “La sala da pranzo era piena di famiglie con bambini, ma era evidente che le persone tra quelle mura avessero trovato sollievo”.
Il viaggio è durato 10 giorni, durante i quali i ragazzi si sono occupati principalmente di operazioni di trasporto dalla Dogana verso il convento e dal convento verso la stazione e altri luoghi di partenza. Hanno collaborato assiduamente con la Caritas locale, garantendo il proprio sostegno per le operazioni di carico e scarico nel loro centro logitistico situato nella Chiesa greco-cattolica di Sighetu.
“Parallelamente a questa attività di volontariato abbiamo raccolto anche molto materiale video perché ci piacerebbe realizzare un cortometraggio sul viaggio e sul grandissimo lavoro che il convento ha fatto con i rifugiati. L'organizzazione delle nostre giornate era molto dinamica e dipendeva dalle necessità del momento. Per la maggior parte era molto complicato, sia per noi che per i volontari del posto, fare previsioni su quale sarebbe stato il lavoro da fare o quante persone sarebbero arrivate nella giornata. Ci siamo affidati alla supervisione di suor Adriana, la madre superiora, e dei vari sacerdoti che di giorno in giorno venivano ad aiutare in convento. Gran parte del lavoro infatti è stata fatta in coordinazione con i volontari locali, dai seminaristi agli scout. In altre occasioni siamo stati invece guidati dal capo della Caritas Romania per le operazioni legate all’associazione”.
Il gruppo Telegram si è rivelato prezioso anche per una piccola campagna di crowdfunding che è stata utile a raccogliere una somma che i ragazzi hanno diviso in due parti: una per concludere il viaggio e portare in Italia parte dei profughi, l’altra da donare al convento per sostenere le grandi spese.
Sorprendentemente sono riusciti a raccogliere in poche ore una somma di € 1670, arrivata come un abbraccio, per cui ancora oggi si sentono profondamente grati.
L’altro abbraccio è stato il profumo delle zuppe rumene con la panna, che più di ogni altro ha caratterizzato questa esperienza. E che insieme alle lunghe chiacchierate serali in compagnia di sacerdoti, giovani studenti, altri volontari e profughi che fino a qualche giorno prima erano medici, farmacisti e infermieri, hanno permesso a Federico, Davide e Benedetto di vivere scambi interculturali inimmaginabili.
Conoscere personalmente alcuni rappresentanti dell’istituzione ecclesiastica è stata un’occasione per riconsiderare alcuni pregiudizi e imparare a sentirsi parte di un insieme.
“Le suore del convento e tutti i volontari che hanno dedicato i loro giorni e che stanno tutt'ora dedicando il loro tempo all'emergenza sono diventati per noi un simbolo, un esempio da seguire quando si parla di compiere il proprio dovere all'interno della società”, continua a raccontarci Federico.
“Essere volontari credo significhi compiere un dovere civile e ripagare il proprio 'Debito naturale' con la società per ciò che ci ha sempre dato. Essere volontari a qualsiasi livello non è una cosa eccezionale, dovrebbe fare parte semplicemente della vita di ciascuno in quanto individuo facente parte di una società”.
Al ritorno in Italia molte sono le relazioni intrecciate in Romania con cui continuare a costruire.
I ragazzi contano di tornare già questa estate per i campi estivi con i bambini, dove è stato proposto loro di partecipare in qualità di animatori.
Perché mettere in circolo buone energie, pure con coraggio e pure dentro le difficoltà, è l’unica via per oltrepassare il confine. Prima di tutto dentro se stessi.